Tesi di Laurea
La fotogrammetria digitale multi-temporale d'archivio per l'analisi delle variazioni planimetriche costiere

LA FOTOGRAMMETRIA NELLA STORIA.



La storia della fotogrammetria è molto legata, nei suoi principi teoretici, alla storia della geometria descrittiva ed in particolare alla formulazione della teoria della prospettiva, mentre nella sua applicazione è legata alla storia dell’ottica, della fotografia ed alle relative scoperte tecnologiche. Da sempre l’uomo ha cercato di descrivere la realtà circostante, dapprima in modo pittografico, poi cercando di fornire un contenuto metrico al rappresentato. La basi teoriche si perdono nella notte dei tempi, difatti già gli Assiri e i Babilonesi nel III secolo a.C. ne conoscevano i primi rudimenti, ma si dovrà attendere un millennio, prima che il filosofo ed astronomo arabo Alhazen di Basra, svolga una prima trattazione scientifica delle lenti e della luce, e ad oggi è considerato l’inventore della camera Oscura, che tanto successo ebbe tra i vedutisti nel ‘700.

Nel rinascimento vengono scoperte ed applicate dagli artisti le leggi della prospettiva geometrica (Masaccio, Paolo Uccello, Piero della Francesca, ecc.). A due artisti, in particolare, viene attribuito il merito della scoperta della prospettiva: l’Alberti e il Brunelleschi. Le leggi della prospettiva sono descritte dall’Alberti in " De Pictura" (1430). Egli chiama " razzo centrico" l’asse ottico della prospettiva, ed espone un metodo di costruzione geometrico della prospettiva nei quadri.

Anche Leonardo da Vinci, con annotazioni e descrizioni, sparse nei suoi manoscritti, mette a fuoco la similitudinetra oggetto e sua immagine, usando questo termine per descrivere geometricamente la prospettiva; abbandonando quello che fino ad allora era visto come una rapporto di proporzionalità, ponendo le basi per i successivi sviluppi di ordine teorico. Lo stesso definisce la prospettiva l’arte “ del sapere bene figurare lo ufizio dell’occhio”.

anonimo, citta' ideale (1470-1475).

Fig. 2.1 - Galleria Nazionale delle Marche a Urbino, la cui rappresentazione prospettica è un emblema della razionalizzazione dello spazio urbano nella città ideale, come fu intesa nel Quattrocento.

Ma fu il tedesco Albert Durer nel suo lavoro “ Il trattato delle misure” (1525) a fornire un completo compendio a tutti gli artisti che volevano rappresentare la realtà in forma prospettica. Gli artisti oltre a studiare ed applicare alle loro opere le regole geometriche della prospettiva, erano anche desiderosi di rappresentare la realtà nel modo più celere e preciso possibile. 

• Nel 1544 l’olandese Rainer Gemma Frisius progetta la camera oscura portatile. 

• Il pittore napoletano Giovanni Battista della Porta applica una lente alla camera oscura. 

• Nel 1600 il pittore Jacomo Chimenti esegue dei disegni stereoscopici, partendo dalla realizzazione di due prospettive dello  stesso oggetto, da punti di vista diversi. 

• Nel 1685 l’olandese Johan Zahn raddrizza l'immagine della camera oscura con lo specchio a 45°, ciò consentirà agli artisti di osservare contemporaneamente realtà e immagine riprodotta dalla camera. 

Fig. 2.2 - Giovanni Antonio Canal, il Canaletto - Porta Portello in Padova (particolare) 1740-1743.

L’affinamento della tecnica prospettica permetterà agli artisti dell’epoca di “giocare” con essa, basti pensare alle architetture effimere e dipinte (Tiepolo), oppure alle false prospettive a trompe-l’oeil(il Borromini nel Palazzo Spada a Roma, Andrea Pozzo nella chiesa di S.Ignazio, ecc.), fino a quella che lo scrivete considera l’apoteosi della prospettiva pittorica, il Vedutismo(Fig. 2.2). 

È pur vero che durante l’epoca d’oro del Rinascimento la questione della prospettiva descrittiva venne affronta quasi esclusivamente dagli artisti, anche se questi non erano completamente estranei a cognizioni matematiche, di certo, non potevano andare oltre alle consolidate conoscenze ellenistiche. Quindi alla metà del XVI secolo la prospettiva cominciò ad interessare studiosi non appartenenti al campo dell'arte, sia in Italia che fuori di essa. Tra questi è bene ricordare il matematico francese G.Desargues (1593-1662), amico di Cartesio, primo ad utilizzare un sistema d’assi di riferimento per inquadrare i punti dell’oggetto, il primo studioso a sviluppare la teoria della prospettiva descrittiva su basi matematiche. Ma è un secolo dopo che viene introdotta una prima base teorica per quella che sarà la fotogrammetria, difatti nel 1759 il geografo Henry Lambert pubblica la teoria della prospettiva “ Frei Perspective”, in questo scritto vengono elencati i principi della prospettiva inversa e dell’intersezione spaziale di raggi coniugati. È anche l’epoca dei grandi esploratori e naturalisti, ed è sempre maggiormente sentita l’esigenza di dare informazioni metriche e di forma a ciò che si vede. 

• Nel 1726 il medico naturalista M.A.Kappeler effettua il rilievo del monte Pilatus (Svizzera) servendosi di prospettive disegnate. 

• Nel 1791 l'idrografo francese Beatemps-Beaupré effettua similmente il rilievo di un tratto di costa del pacifico. 

• Nel 1804 l'inglese W.H.Wollaston brevetta la camera lucida, dispositivo con il quale è possibile sovrapporre l'immagine del paesaggio con quella del foglio di carta. 

La fotogrammetria odierna non sarebbe tale senza una delle più grandi invenzioni dell’umanità, la fotografia, che nacque in un giorno d’estate del 1827, in terra di Francia a Le Gras vicino Chalon sur Saone; dopo ben otto ore di esposizione, Joseph Nicéphore Niépce ottenne quella che ad oggi è conosciuta come la “ Vista dalla Finestra a Le Gras” (Fig. 4.3). Fu una vera rivoluzione, del tutto simile a quella dell’informatica ai nostri giorni, il portato di novità spinse numerosi studiosi, o semplici inventori, a cercare il modo di rendere la tecnica fotografica fruibile e portatile, facendola uscire dai laboratori. Ad ogni modo si dovrà attendere il 1839, quando l’accademico Arago presenta la fotografia all'Accademia delle Scienze francese, prospettandone la piena potenzialità metrica.

Fig. 2.3 - Vista dalla finestra a Le Gras, la più antica delle foto sopravvissute di Nicéphore Niépce (1827), la lunga esposizione fa sì che entrambe le facciate dell’edificio siano illuminate dal Sole.

È nel 1850, sempre in Francia, che la fotogrammetria nasce ufficialmente, grazie al capitano del genio Aimé Laussedatessa, essa prende temporaneamente il nome di metrografiao iconografia. Egli fabbricò pure il primo fototeodolite (1859), munito di cerchi orizzontale e verticale e di fotocamera con 4 marche fiduciarie. È in quegli anni (1858) che nasce la fotogrammetria aerea, grazie ancora ad un francese, il vulcanico ed eccentrico fotografo F.Tournachon, più conosciuto con il nome di Nadar, il quale effettua le prime riprese aeree (Fig. 2.4) a bordo di una mongolfiera. 

Fig. 2.4 – Collage di foto aeree di Parigi, Nadar (1858).

Il primo che si spinse ad usare la tecnica fotogrammetrica in modo più organico, e meno pioneristico, fu il giovane architetto tedesco Albrecht Meydenbauer (1834-1921), che si occupò principalmente della costruzione di macchine fotografiche di grande formato (fino a 40x40cm), per il rilievo architettonico, andando a costituire il primo archivio fotografico di Berlino del 1883 (Fig. 2.5). In Italia tra i pionieri del metodo fotogrammetrico troviamo Ignazio Porro e Michele Manzi, il primo si è distinto nell’ambito scientifico per la realizzazione di molti strumenti topografici, in particolare la realizzazione del primo fotogoniometro, in grado di risolvere il problema delle distorsioni delle lenti fotografiche, inaugurando di fatto la fototopografia.  

ignazio porro (1801-1875).

Ufficiale del Regio Esercito fino al 1847, realizzatore di strumenti topografici. Professore emerito di celerimensura, nel 1864 fonda un’azienda “La filotecnica”, che in seguito diverrà una delle più fiorenti industrie italiane: la “Salmoiraghi”.

michele manzi (notizie dal 1868-1889).

E' il primo in Italia a cercare di applicare le nuove tecniche fotografiche alla topografia, operando le prime prese terrestri su italico suolo, nel 1876.

Fig. 2.5 – Albrecht Meydenbauer, la Cattedrale Francese, Berlino. Foto sperimentale del 1882 (40x40cm). Un secolo dopo (1977-1982) è stata usata per ricostruire la cattedrale gravemente danneggiata durante la seconda guerra mondiale. Si noti la presenza di marche fiduciali.

Del Manzi non sono note molte notizie storiografiche, si sa per certo che ha collaborato con l’IGM dal 1875, sollecitando e sperimentando le nuove tecniche fotogrammetriche, che sono state adottate dall’Istituto a partire dal 1878, grazie all’interessamento e agli studi dell’Ingegnere Luigi Pio Paganini. Egli progettò e fece realizzare alcuni strumenti (dalle Officine Galileo a Firenze), da lui definiti fototopografici, con i quali furono eseguite tutte riprese di fotogrammetria terrestre dell’IGM fino all’avvento della fotogrammetria aerea (primi anni ’20). In Italia alla fine dell’800 vengono effettuati dei rilievi terrestri, a cura dell’IGM, vengono rilevati il Gruppo del Gran Paradiso, la zona del passo della Spluga in scala 1:50.000 e le Cave nelle Alpi Apuane in scala 1:25.000 per valutare il consumo di marmo.  

Le potenzialità della fotogrammetria sono note a tutti i topografi dell’epoca, ma manca ancora una procedura standardizzata che ne consenta una effettiva applicazione produttiva, e ne permetta la diffusione come metodo operativo del rilievo; il problema era la matematica, o meglio i calcoli che erano necessari per la restituzione, difatti le basi teoriche della fotogrammetria analitica erano note già dal 1876, grazie al trattato del professore tedesco Guido Hauck, quello che mancava era uno strumento capace di automatizzare la fase di restituzione. Un primo aiuto arriva nel 1892 quando il tedesco F.Stolze inventa la marca mobile stereoscopica, viene così risolto l’annoso problema dell’individuazione dei punti omologhi. 

Guido hauck (1845-1905).

Si laurea presso l’università di Tubingen nel 1876, con una tesi filosofica dedicata all’Assonometria ed, in particolare, all’Assonometria Prospettiva.

Tra la fine dell’800 e i primi anni del ‘900, numerosi studiosi provarono a risolvere il problema della trasformazione proiettiva, da prospettiva centrale quale si poteva ritenere l’immagine fotografica a proiezione ortogonale, con accorgimenti che prescindessero dal calcolo numerico. Possiamo qui annoverare l’inglese V.Thompson, con uno strumento denominato “ Stereoplotter”, fino ad arrivare al franco-canadese E.Deville, nel 1.896, che inventa un apparecchio stereoscopico di restituzione, noto come Camera Deville.

Fig. 2.6 – Restitutore Deville (1.902), mai costruito.

Ma solo Il tedesco Karl Pulfric nel 1901, presso le officine K.Zeiss di Jena, costruisce il primo stereocomparatore, che permetteva di valutare coordinate di lastra con una precisione di 10 micron, ma per passare alle tre coordinate ortogonali dell’oggetto osservato occorreva pur sempre il calcolo numerico. Il modo per scavallare il calcolo lo trovò l’austriaco Eduard Von Orel, ufficiale di marina, infatti nel 1908 aveva fatto costruire dalla ditta Rost di Vienna un esemplare di quello strumento che avrebbe poi rappresentato il capostipite dei “restitutori” fotogrammetrici. 

Eduard Von Orel (1877-1941).

Indirizzato dal padre alla carriera militare, da cadetto di fanteria in Trieste, aveva chiesto di essere assegnato al “K.u.K. Militärgeographiches Institut” di Vienna, al momento il più famoso del mondo: vi entrò nel 1901. Qui nel 1905, ormai tenente, iniziò ad interessarsi di fotogrammetria, approfondendo le necessarie nozioni di ottica, meccanica e chimica. Buon topografo, nel 1909 rilevò in soli tre mesi (!) 1.200 km2 del territorio aspro fra Merano e Vipiteno, redigendone la carta in scala 1:25.000.

La precisazione di Sander è corretta: lo strumento risolve per via meccanica e con l’ausilio dell’osservazione stereoscopica, le equazioni di collinearità, nel caso piuttosto semplice della conoscenza dei punti di stazione e delle inclinazioni degli assi della camera da presa rispetto alla base. Fu uno strumento dal notevole successo commerciale, vi sono esemplari anche nel nostro IGM fiorentino, altri vennero usati nella campagna italo-etiopica del 1935-1936, per tracciare le vie di comunicazione al vittorioso Regio Esercito.

Fig. 2.7 – La versione perfezionata dello Stereoplanigraph (1910).

Si può affermare che la prima a nascere fu la fotogrammetria dei vicini, dato che solo nel 1903 i fratelli Wright riuscirono a far volare il loro primo velivolo a motore, il Flyer I. Fino ad allora la fotogrammetria aerea rimase confinata agli aerostati, spesso frenati, ai palloni sonda, e ai razzi ad aria compressa (Alber Maul, 1906). Me ben presto si comprese le potenzialità della nuova tecnica, soprattutto in ambito militare, a seguito della sistemazione teorica dovuta a Theodor Scheimpflug. Considerato da tutti il vero padre della fotogrammetria aerea, per aver delineato le tecniche per la ripresa aerea, l’orientamento dei modelli, la tecnica del concatenamento per la formazione delle strisciate, e il raddrizzamento. Ma l’Europa si avviava, di gran passo, verso la catastrofe della Grande Guerra, durante la quale i metodi, allora conosciuti, della fotogrammetria aerea vennero piegati alle necessità belliche. Basti pensare che nel 1917 i ricognitori austroungarici potevano realizzare oltre quattro mila foto al giorno, potendo così aggiornare la vista dell’intero fronte mediamente ogni due settimane.

Wilbur Wright (1867-1912) e Orville Wright (1871-1948).

Furono due ingegneri ed inventori statunitensi, annoverati tra i più importanti aereonauti dell’epoca pionieristica. Essi sono in generale considerati i primi ad aver fatto volare con successo una macchina motorizzata più pesante dell'aria con pilota a bordo, in modo duraturo e sostanzialmente controllato, il 17 dicembre 1903.

Theodor Scheimpflug (1865-1911). 

Capitano dell’esercito austriaco, si è distinto nello studio dei sistemi ottici, ed è conosciuto anche per il Principio di Scheimpflug, grazie al quale con l’aiuto di un meccanismo era possibile mettere a fuoco un piano non parallelo al piano della lastra.

È proprio tra gli “ ufficiali osservatori da aereo” che troviamo nuovo impulso per la fotogrammetria: infatti, le più larghe condizioni di presa offerte dalla fotografia aerea, evidenziate dagli eventi bellici, portarono a concretizzare, alla fine degli anni dieci, procedimenti atti a rendere tecnicamente possibile ed economicamente conveniente l’esecuzione di carte topografiche da fotogrammi presi da aereo-mobile. Tra questi “ufficiali” troviamo il nostro Ermenegildo Santoni, abilissimo costruttore meccanico, che con i restitutori analogici “Santoni” diede notorietà e lustro alla tecnica italiana. Basti pensare all’introduzione delle camme per la correzione della distorsione, ai contrappesi interni alle bacchettematerializzanti i raggi omologhi, che avevano la funzione di contrastare la flessione dovuta al loro peso proprio, le superfici meccaniche per la correzione della curvatura terrestre.

Ermenegildo Santoni (1896-1970). 

Geometra, inventore di apparecchi per la cartografia e per la fotogrammetria, laurea ad Honoris Causa in Ingegneria Civile nel 1949.

Come Santoni anche Umberto Nistri era stato ufficiale durante la guerra, nel 1918, ad ostilità concluse, chiese al Commissariato per l’Aereonautica delle riprese aeree per la sistemazione delle sponde del Tevere. Il rilievo aereo fu eseguito con un velivolo militare provvisto di una macchina fotografica a funzionamento semiautomatico, residuato degli apparati usati per le riprese delle linee nemiche. Lo fece, a differenza di quanto sino ad allora usato, come nel caso delle riprese su Venezia da pallone frenato nel 1911, appoggiando le immagini ad una serie di capisaldi rilevati in precedenza ed opportunamente segnalati in modo provvisorio (capisaldi presegnalizzati, di posizione nota). Da quel lavoro nacque in Nistri l’idea delle applicazioni cartografiche delle riprese aeree, infatti è del Maggio 1919 il suo primo brevetto, dal titolo: “Apparecchio per ottenere la pianta topografica dalle fotografie stereoscopiche aeree”. Nell’Agosto dello stesso anno viene registrato il suo secondo brevetto: “Determinatore di posizione della negativa planimetrica aerea nello spazio al momento dell’impressione”, che riguarda una soluzione analogica del problema allora chiamato del vertice di piramide. Quest’ultimo brevetto fornisce una soluzione analogica, ad un problema che verrà sviscerato secondo stringenti dettami teorici dal tedesco Otto Von Gruber, nel 1924, con la canonica separazione dell’orientamento esterno dei fotogrammi in “relativo” ed “assoluto”, che costituisce l’odierna impostazione. 

Umberto Nistri (1895-1962). 

Industriale, conseguì vari brevetti e costruì numerosi apparecchi per il rilevamento e la restituzione fotogrammetrica. Fu nominato nel 1940 cav. del lavoro e ingegnere Honoris Causa.

Otto Von Gruber (1884-1942). 

Dopo aver studiato matematica, fisica e geografia a Berlino, nel 1911 divenne assistente presso l’istituto di Fisica del Politecnico di Monaco, qui iniziano le sue prime esperienze di misurazione, in particolare dei ghiacciai nelle Alpi Venoste. Nel 1911 consegue il dottorato. Dopo il conflitto inizia una collaborazione presso la Carl Zeiss di Jena, ove sviluppa strumenti per la fotogrammetria, nel 1925 viene nominato alla carica di Direttore dell’Istituto Geodetico presso l’Università Tecnica di Stoccarda. Mantiene questa posizione fino al 1930, quando ritorna alla Zeiss, ove rimarrà fino alla sua morte.

Sempre in quel periodo nascono le prime aziende nazionali, che si occupano della costruzione di apparati per la fotorestituzione, qui possiamo citare la “ Ottico Meccanica Italiana”, che assieme alla consorella S.A.R.A., costruirà il fotocartografo Mod.II (Fig. 2.8), nel 1922, sempre con orientamento assoluto globale secondo i brevetti del Nistri.

Fig. 2.8 – Fotocartografo Mod.II (1922), nella foto, Amedeo Nistri fratello di Umberto.  

Siamo negli anni ’20, nel pieno dell’era degli strumenti restitutori analogici, il cui sviluppo non può prescindere dall’affinamento delle tecniche fotografiche, difatti sempre Nistri e fratello brevettano nuove macchine da presa per aereomobile a lastre (di vetro, l’unico supporto allora noto); assai più tardi verranno camere a pellicola come la “FOMA” in formato (18 × 18).
Il successivo Fotocartografo, più tardi catalogato come Mod. III, costituisce una pietra miliare nella storia della fotogrammetria: con esso vennero eseguite le prime mappe catastali italiane al 2.000 di tipo sperimentale, non solo; ma vennero prodotte anche le carte urbane di S. Paolo in Brasile e di Palermo nel nostro Paese. A differenza di tutti i restitutori a proiezione ottica, nei quali la visione era stereoscopica sia attraverso veicoli ottici (Steroplanigrafo Bauersfeld-Zeiss) che per via anaglifica (Kelsh Plotter), lo strumento di Nistri utilizzava il sistema detto del “brillamento”, consistente nel proiettare alternativamente le immagini dei due fotogrammi su di uno schermo (in posizione verticale, nel Fotocartografo) in modo tale che solo i punti omologhi dei raggi correttamente intersecantisi risultano fissi all’occhio dell’osservatore, per il principio della persistenza, mentre tutta l’immagine circostante è mobile e si contorce. Il procedimento era già noto sin dall’Ottocento, ed era stato proposto da Max Gasser, austriaco, in un brevetto del 1915, poi bloccato per ragioni belliche.
Ma le “belliche ragioni” non si fecero attendere poi molto, e ancora una volta la fotogrammetria venne usata per scopi militari; nel secondo conflitto fanno la loro comparsa i calcolatori elettromeccanici, il loro uso fu destinato, in un primo tempo, al calcolo balistico, o alla decriptazione. Proprio grazie alla comparsa di questi portentosi mezzi di calcolo, ci fu la possibilità di far tornare la restituzione fotogrammetrica alle origini, che erano quelle numeriche, poi abbandonate quando le levate divennero aeree, per l’impossibilità di eseguire in tempi ragionevoli i calcoli divenuti enormemente complessi. Si deve a Earl Church, che se ne era occupato già nel 1941, la ripresa del filo del discorso relativo all’applicabilità del calcolo numerico alla fotogrammetria. Ma fu quasi un decennio dopo che H. Schmid, presso i “Ballistic Research Laboratories” della U.S.Army in Aberdeen (Maryland), scrisse i primi programmi risolutivi delle equazioni di collinearità servendosi del calcolo matriciale, risalente alla seconda metà dell’Ottocento, ma in pratica mai usato, salvo alcuni esempi degli anni ’20 del ventesimo secolo, il problema era costituito dalla fatica e dal peso computazionale delle inversioni delle matrici, in un’epoca ove gli unici strumenti erano il regolo e le tabelle di calcolo. Ciò pose le basi analitiche per il calcolo matriciale, la ricerca della soluzione ai minimi quadrati, e lo studio della propagazione dell’errore nella concatenazione di più immagini. 

Hellmut Schmid (1914-1998). 

Ordinario di geodesia e fotogrammetria all’Università di Zurigo, collabora nel 1950 in un centro di ricerca statunitense per l’esplorazione spaziale, ed inoltre partecipa al progetto di costituzione delle prima rete di satelliti geodetici, nel 1957.

Le equazioni di collinearità erano ben conosciute da tempo, così come la sistemazione teorica della restituzione, quindi non vi furono difficoltà nell’usare il nuovo mezzo di calcolo. Da lì ebbe origine la seconda rivoluzione della fotogrammetria: il 30 Agosto del 1957 il finlandese naturalizzato canadese Uki V. Heleva presentò alla conferenza internazionale di Ottawa una comunicazione relativa ad una “ plotting machine based on new principles”. Lo strumento poi prenderà il nome di Analytical Plotter(restitutore analitico) (Fig. 2.9); consistente in uno stereocomparatore collegato con un calcolatore elettronico, un coordinatografo e un registratore di coordinate. Tale strumento si avvaleva della lunga esperienza della O.M.I.-Nistri per le parti ottiche e meccaniche, e della Bendix Co. per la parte elettronica. 

Uki V. Heleva (1923-1994).

Laureato in geometria, presto si distinse per la sua abilità nella realizzazione di strumenti topografici, collaborò con Carl Zeiss, e pose le basi per la fotogrammetria digitale odierna.

Fig. 2.9 – Schema topologico di restitutore analitico, si notino in particolare le manopole per le coordinate di lastra piane, e la pedaliera per la quota z, che vanno manovrate per la collimazione del punto omologo.

Erano gli anni delle corsa alla conquista dello spazio, e questo nuovo apparato ben si prestava per il calcolo balistico, ciò generò il vivo interesse delle forze armate statunitensi e canadesi, quindi le prime due versioni prodotte furono destinate ai militari. Si dovrà attendere il 1964 per veder comparire sul mercato una versione commerciale, la AP/C, lo strumento poteva essere usato come uno stereocomparatore o come strumento di restituzione: difatti quando l'elaboratore determinava i parametri degli orientamenti relativo e assoluto, l'operatore poteva seguire una qualsiasi linea (curva di livello, strada, corso d'acqua) sul modello ottico/stereografico e l'elaboratore determinava le coordinate dei suoi punti e le trasmetteva al coordinatografo che eseguiva il disegno. 
Il restitutore analitico in termini funzionali è una via di mezzo, tra quello che era lo strumento analogico meccanico-ottico e quello che sarà, da li a pochi anni, lo strumento odierno, il restitutore digitale. Infatti si dovrà attendere il 1981, quando il finlandese Tapani Sarjakoski pone i primi concetti di fotogrammetria digitale. Con quest’ultima tecnica le operazioni sono svolte tramite l’utilizzo di immagini digitali, dirette o indirette, attraverso un calcolatore ed un paio di occhiali polarizzanti, o con l’uso di uno stereoscopio (nei primi modelli). I restitutori digitali, che poi verranno comunemente denominati “ stazioni fotogrammetriche digitali”, beneficeranno della travolgente rivoluzione informatica, portando le consuete e pesanti operazioni computazionali fotogrammetriche, alla portata dei normali PC (Fig. 2.10), e alla portata di tutti gli operatori.

Tapani Sarjakoski.

E' alla guida del dipartimento di Geoinformatica e Cartografia, presso l’istituto di geodesia finlandese. Ha conseguito un dottorato di ricerca in rilievo con specializzazione in fotogrammetria analitica, presso l’Università di Helsinki, nel 1988.  

Fig. 2.10 – Stazione fotogrammetrica digitale con stereoscopio (2003).