La fotogrammetria è una scienza che, come la topografia, si propone di
determinare la forma e le dimensioni di un oggetto. Mentre i metodi topografici
prevedono generalmente di poter accedere all’oggetto del rilievo in modo
diretto, continuativo e per tutto il tempo necessario all’esecuzione delle
misure, le tecniche fotogrammetriche raggiungono il loro scopo utilizzando
immagini fotografiche dell’oggetto e ricavando da esse tutte le informazioni
necessarie. Ed inoltre la fotogrammetria d’archivio permette di avere informazioni
metriche (forma, dimensione e posizione) su oggetti non più esistenti,
o la cui posizione sia mutata nel corso del tempo. I vantaggi del procedimento
fotogrammetrico rispetto al rilievo diretto possono essere così riassunti.
• Consente di rilevare oggetti senza aver contatto fisico con essi
(in tal senso è un tipo di telerilevamento). • È un rilievo simultaneo
di molti punti (gran quantità di informazioni).
• Le misure vengono eseguite a posteriori, in una fase successiva al rilievo,
e quindi possono essere ripetute, modificate e controllate, questo
riduce la probabilità di errori grossolani.
• Rispetto al rilievo diretto per produrre cartografia, ho caratteristiche
di maggiore produttività, rapidità, economicità, uniformità di precisione.
L’insieme di queste positive caratteristiche consente di operare con precisioni
progettabili e prevedibili a priori di qualsivoglia entità, uniformi su
ogni tipo di terreno, ma soprattutto consente di ridurre i tempi di produzione
rispetto al rilievo diretto, e questo permette di operare in termini economicamente
efficienti e al contempo tecnicamente corretti. Indubbiamente uno degli
aspetti che ha maggiormente ostacolato in passato la diffusione della fotogrammetria,
è rappresentato dall'elevato costo e complessità degli apparecchi usati
per svolgere le operazioni collegate. La disponibilità e diffusione di
calcolatori in grado di manipolare grosse quantità di dati, unitamente
ai progressi tecnologici nella computer grafica, ha permesso di eseguire
molte elaborazioni del processo di rilievo fotogrammetrico in ambiente
digitale. Questo ha fatto sì che, le costose e complesse strumentazioni
ottico-meccaniche utilizzate nel passato, in parte si rendessero non più
indispensabili ed in parte divenissero perfino obsolete, consentendo a
un maggior numero di operatori di accedere alla tecnica fotogrammetrica.
La principale distinzione che può essere operata all’interno della fotogrammetria
risulta essere tra la fotogrammetria aerea e quella terrestre.
•
Fotogrammetria aerea (da aereomobile o satellite). Serve per produrre dati grezzi che poi verranno
usati per la produzione cartografica di qualsiasi tipo. Dalle CTR regionali
fino alle famose tavolette dell’IGM, sono tutte rilevate direttamente da
voli fotogrammetrici, ed ovviamente è il tipo di fotogrammetria usata nel
lavoro oggetto di questo studio.
•
Fotogrammetria terrestre. Questa metodologia viene identificata come la fotogrammetria dei
vicini o Close-Range Photogrammetry, quando gli oggetti interessati risultano
situati ad una distanza inferiore ai 300 m circa dalla camera da presa
fotogrammetrica (il limite dei 300 m costituisce anche la delimitazione
della quota di sicurezza per le prese da aereo). Trova applicazioni oltre
che per i rilievi architettonici/archeologici, anche nella descrizione
di fenomeni geologici, ad esempio smottamenti e frane.
Oltre ad una distinzione per la posizione relativa della camera rispetto
all’oggetto del rilievo, ho anche una classificazione per modalità di presa.
•
Fotogrammetria monoscopica. È relativa alla correzione ed al raddrizzamento di singoli fotogrammi,
in questo caso è possibile ottenere una proiezione ortogonale di tipo bidimensionale,
parallela alla superficie inquadrata.
•
Fotogrammetria stereoscopica. L’oggetto del rilievo è fotografato da due posizioni diverse in
modo da ricavarne una visione tridimensionale.
I prodotti che possono essere ottenuti dall’applicazione della tecnica
fotogrammetrica sono di due tipi.
•
Prodotti immagine (fotopiani, ortofoto, mosaici).
•
Prodotti numerici puntuali o vettoriali (carte topografiche, disegni vettoriali, profili, modelli digitali
tridimensionali).
E' d’uso comune nel linguaggio geometrico, una netta distinzione tra i termini immagine e rappresentazione, entrambe configurano una “rappresentazione della realtà”, e spesso, nel linguaggio corrente, vengono considerati sinonimi. Mentre in una trattazione scientifica il significato deve essere ben distinto, difatti con il termine “rappresentazione” si descrive una relazione biunivoca esente da incertezze, al contrario il termine “immagine” configura una relazione univoca tale che, se la realtà produce nelle medesime condizioni la medesima raffigurazione, non altrettanto accade invertendo il rapporto, giacché ad una stessa immagine corrispondono, teoricamente, infinite possibili realtà. La fotogrammetria pose le premesse per una fusione e generalizzazione dei metodi della geometria descrittiva, difatti risolse il problema inverso e cioè del passaggio dall’immagine (rappresentazione prospettica), alla conoscenza oggettiva della realtà raffigurata (rappresentazione ortogonale).
La possibilità di restituire da più immagini le dimensioni di un oggetto tridimensionale senza ricorrere a misure dirette è stata teoricamente e compiutamente determinata nella metà dell’Ottocento. Senza ripercorrere la storia delle varie esperienze e ricerche che hanno reso possibile l’enunciazione definitiva dei teoremi sulla misurazione da due o più fotogrammi. In questa sede mi preme sottolineare l’importanza fondamentale del teorema di Guido Hauck (1845-1905), esso ebbe il merito di porre in relazione le due forme di rappresentazione per antonomasia: la realtà fattuale e la sua immagine, e ciò quale che sia il tipo di immagine. È di tutta evidenza che l’unica scienza che abbia tratto a piene mani da tale enunciato sia la fotogrammetria applicata, che ci fornisce continui esempi del passaggio tra le due forme di rappresentazione, ed è per questo che esso sia noto come teorema fondamentale della fotogrammetria (Fig. 2.11), il cui enunciato è il seguente.
Dati due piani di proiezione π' e π'' in posizione qualsiasi e due centri di proiezione O' e O'' al di fuori di essi, costruito il segmento che li unisce b, si chiameranno nuclei N' e N'' i punti d’intersezione tra b e i piani π' e π''. Considerati due punti oggetto A e B esterni ai due piani di proiezione e non coincidenti con i centri di proiezione O'e O'' e le loro proiezioni dai due centri in π' e π'', A' e A'' e B' e B'', si avrà che la retta r' che congiunge A' e N' sul piano π' e la retta r'' che congiunge A'' e N'' sul piano π'' si incontrano in un punto della retta i, intersezione dei due piani π' e π'', e la stessa relazione intercorre tra i punti B' e B'' e N' e N''.
Si laurea presso l’Università di Tubigen (1876) con una laurea in filosofia dedicata all’Assonometria Prospettiva. Nel 1877 divenne professore di geometria descrittiva presso l’Accademia di Architettura di Berlino, di cui, dopo l’unificazione con l’Accademia di Commercio, ne divenne Rettore per tre mandati.
La dimostrazione è immediata giacché il punto oggetto A ed i centri di proiezione O’ ed O’’ individuano un piano al quale appartengono, per costruzione, tanto le proiezioni A’ ed A’’, quanto i nuclei N’ ed N’’. Ma N’ e A’ appartengono anche al piano π', e alla retta r', intersezione del piano medesimo col suddetto piano O’AO’’, e altrettanto possiamo dire dei punti N’’ e A’’ e del piano π'', quindi questi tre piani si incontreranno in un punto, appartenente alla retta i. Questa operazione può essere fatta per diversi punti oggetto, i cui punti di proiezione su due piani π' e π'', si troveranno congiunti ai rispettivi nuclei per mezzo di rette secantesi sull’intersezione dei piani di proiezione. Se ora si separano i piani di proiettività π' e π'', rimuovendoli dalle giaciture fisse e note, finora considerate, accadrà che i due fasci di centri N’ e N’’ cesseranno di essere prospettivi, ma saranno pur sempre proiettivi, e ciò significa che si potrà passare da uno all’altro elemento dei due fasci per mezzo di un numero finito di operazioni. Perciò sarà in generale possibile ritrovare la giacitura primitiva dei due piani di proiezione e, con essa, la ricostruzione spaziale dell’oggetto rappresentato. E’ certamente questo il lavoro più noto di Hauck ed esso costituisce, ancor oggi, il nodo centrale della fotogrammetria teorica.