Tesi di Laurea
La fotogrammetria digitale multi-temporale d'archivio per l'analisi delle variazioni planimetriche costiere

Le linee della costa.



La linea di costa, comunque la si voglia definire, è uno degli elementi morfologici più instabili del paesaggio terrestre. Da quanto l’uomo ha memoria storica, la linea di costa ha continuamente mutato forma, e posizione, ora verso il mare, determinando accrescimento superficiale, ora verso l’interno del continente, con l’effetto opposto. L’avanzamento può essere visto come il lento processo di deposito dei sedimenti apportati dai fiumi (la gran parte dei delta italiani ha meno di 2.500 anni), il processo contrario, l’arretramento, è spesso causato dalle violente mareggiate, o dalla diminuzione del trasporto solido, od ancora a processi di subsidenza, artificiale o naturale. Storicamente i cartografi ben poca attenzione ebbero nel disegnare le linee di costa ed, in tempi lontani, solo il posizionamento dei porti e delle torri di guardia/avvistamento erano cartografate con una certa cura, pari a quella di tutti gli altri elementi, quasi a sottolineare l’inutilità di curare la posizione di forme volubili. Ma questa scelta non era solo dettata dalla difficoltà di fissarne una qualsiasi posizione, ma spesso i centri abitati e le attività antropiche, in età antica, spesso rimanevano lontano dalle coste, luoghi troppo esposti alle incursioni piratesche e alle malattie.

È solo con lo sviluppo urbano ed industriale delle fasce costiere avvento, almeno in Italia, a seguito della costruzione delle grandi vie di comunicazione che, per motivi orografici, trovarono sviluppo proprio in questa parte del territorio. Lo sviluppo del commercio marittimo e del turismo balneare hanno poi accompagnato ed accentuato questa crescita. Quindi descrivere con maggiore accuratezza questa parte del territorio diventava una necessità, sia per la pianificazione urbana che insediativa, non più una scelta del singolo cartografo. Si è finalmente compreso che valutare l’evoluzione di quest’ambito di studio è diventato dirimente per garantire le necessarie tempistiche di pianificazione. Quindi oltre a rilevare le oscillazioni tipiche stagionali, dovute al casuale alternarsi delle diverse condizioni meteomarine, si è fatto strada, con il passare del tempo, il bidogno di comprendere se questi spostamenti possano essere iscritti in un trend di più lungo periodo. Ed è qui che si inserisce la tecnica fotogrammetrica d’archivio, come soluzione di rilievo, non solo perché il contenuto radiometrico delle foto dà modo al restitutore di rilevare sempre nuovi elementi, che una carta non potrebbe fornire con la stessa accuratezza, ma ciò consente pure di avere a disposizione un vasto archivio storico, che per una entità così variabile nel tempo, come potrebbe essere l’evoluzione costale, costituisce già una prova della sua variazione nel lungo periodo. 

L’affinazione delle tecniche del rilievo, in genere, ha reso desueta la definizione di linea di costa, ove “…la terra finisce e il mare comincia”, questa semplificazione presenta più una rilevanza poetica che fattuale per il topografo. Di fatto anche nelle pubblicazioni specialistiche si ritrova una grande varietà di definizioni; la difficoltà principale è che il limite acqua/terra è in continuo spostamento, perché legato al mutevole livello marino. Livello legato sia alle condizioni di marea, ma anche alle diverse condizioni meteo, gli effetti di tali variazioni si ripercuotono sulla definizione altimetrica e conseguentemente sulla definizione planimetrica delle linee di costa.

Le zone costiere sono aree dinamiche in continua evoluzione, intrinsecamente instabili per loro stessa natura. L’andamento e la posizione della linea di costa dipendono, nel breve periodo, giornalmente e stagionalmente dall’azione del mare e del vento. L’evoluzione nel lungo periodo, invece, è legata a cinque processi geologici: l’erosione, la sedimentazione, la tettonica, la subsidenza e l’eustatismo. Oltre a questi fattori che possono essere catalogati come azioni naturali, almeno in parte, in età moderna, vi si sono aggiunti dei massici interventi antropici (Fig. 3.2-3.3-3.4, ad esempio). Interventi che si sono snodati attraverso l’acquisizione di nuovi arenili, la costruzione di porti, opere di protezione in genere, sbancamenti, apporto di inerti, ecc… La raggiunta consapevolezza dell’importanza della linea di costa, e della sua evoluzione, inizia dal riconoscere che essa è il luogo del contatto tra terra e mare, ovvero, il luogo monodimensionale dal quale far partire qualsiasi misurazione, verso terra o verso mare (M.Milli). 

eustatismo.

E’ il fenomeno di innalzamento o abbassamento del livello medio mare dovuta alla variazione del volume d’acqua presente. Ciò può essere dovuto al riscaldamento globale, e al conseguente scioglimento dei ghiacciai, e quindi abbiamo un eustatismo positivo. In passato vi sono stati anche dei processi inversi, durante le Ere Glaciali.

Fig. 3.2 – Tratto di costa a ridosso della foce dell’Adige, sistema di protezione costiera a pennelli (2012).

Fig. 3.3 – Porto turistico di Le Castella; confronto tra l’ortofoto del 2003 e l’andamento della linea di costa del 1990, quando l’ampliamento del porto non era ancora realizzato.

Fig. 3.4 – Riconfigurazione della bocca di porto: sbancamento del cordone litoraneo di destra, e contemporaneo ripascimento del tratto di sinistra (Delta del Po – Ortofoto del 2012).


“LINEA DI COSTA” E “LINEA DI RIVA”.



Nella corrente dizione, termini quali spiaggia, riva, linea di riva, costa e linea di costa, sono spesso ritenuti termini sinonimi, creando confusione ed equivoci. In questo caso ci sono utili le fonti anglosassoni che pongono maggiore precisione alla “terminologia costiera”.

Shore, ovvero la striscia di terra, confinante con lo specchio d’acqua, che sia al contempo continuamente interessato alla mutevole variazione dello stesso, a causa delle maree o al moto ondoso. 
Shoreline, indica un ambito meno generico, in questo caso ci si riferisce alla linea mobile di confine che fluttua continuamente con il moto dell’acqua. 
Coast, ovvero l’area confinante con lo shore e che si estende verso l’interno, fino ai primi cambiamenti nelle caratteristiche fisiche e morfologiche del terreno, essa viene raggiunta dalle onde solo in occasione delle mareggiate più violente. 
Coastline, esso rappresenta il confine stabile tra coast e shore, e corrisponde al punto più elevato raggiunto dalla shoreline durante le sue continue fluttuazioni.  

Al termine shoreline si può certamente far corrispondere la linea di riva, mentre linea di costa non può essere considerato il corrispettivo di coastline, essendo, in italiano, la distinzione tra i due termini mai univoca, e spesso sono usati come sinonimi, anche nelle pubblicazioni a carattere scientifico. In termini comunamente accettati la distinzione tra le due caratteristiche costiere è posto anche in funzione alla scala di rappresentazione. Così, il termine linea di costa può essere utilizzato per descrivere un confine approssimato in rappresentazioni a piccola scala, mentre il termine linea di riva definisce la precisa posizione del confine tra terra e mare a scala maggiore. A prescindere da come la si voglia chiamare la linea in questione, risulta importante per la sua individuazione, anche da fotointerpretazione, la pendenza che assumono rocce e sedimenti a diretto contatto con la superficie marina (Fig. 3.5). 

Fig. 3.5 – Distribuzione di litorali sabbiosi e rocciosi lungo il sistema costiero italiano; il diverso impatto delle variazioni planimetriche su coste di diversa natura.

In funzione della diversa configurazione costale, aumenta o, al contrario, diminuisce, la valutazione discrezionale da parte dell’operatore. Difatti nel rilievo indiretto, quale è la fotogrammetria d’archivio, comporta in prima analisi l’individuazione di una linea di riva apparente da ricondurre, in fase di restituzione, ad una specifica superficie di riferimento. Nella fase di restituzione al tratto della linea di riva, l’elemento indicatore valutato di volta in volta dal restitutore, è il diverso livello raggiunto dalle masse d’acqua, il quale potrebbe essere costituito dal limite massimo di risalita delle onde, o dalla linea di demarcazione asciutto/bagnato, cioè dal punto di risalita massimo dell’alta marea, questo è considerato l’elemento di più facile fotointerpretazione. Le considerazioni di quale linea considerare e, restituire, si inseriscono in un più ampio ragionamento sui sistemi di riferimento utilizzati, e sulla conoscenza dell’ora e del giorno del rilievo.

I casi di studio qui portati all’attenzione del lettore, sono composti da una serie di voli fotogrammetrici, diversamente datati nel tempo, con differenti qualità radiometriche, che non sempre favoriscono una buona fotointerpretazione, soprattutto per i vecchi voli. Quindi si è scelto di considerare come linea di riva, il limite massimo di risalita delle onde, se presenti, altrimenti si è individuato il limite di contatto tra suolo e acqua (Delta del Po). Tale obbligo nasce dalla necessità di correlare nello studio vecchi voli fotogrammetrici, che presentano una scarsa definizione radiometrica, e ad ogni modo non consentono di individuare la linea di alta marea. 

Fig. 3.6 – Le Castella (Ortofoto del 1990), costa alta rocciosa con la rispettiva linea di riva.

Fig. 3.7 – Punta Alice (Ortofoto 1984) e linea di riva del 2011; tipica condizione di erosione, quello che un tempo era uno spazio che garantiva la presenza di una struttura di ristoro, lungo la spiaggia, oggi questa non è più presente, ed il motivo è del tutto evidente.


i sistemi di riferimento verticali.



All’interno dell’ambiente operativo di restituzione, si agisce in ambito georiferito, quindi tutti gli elementi individuati e restituiti, dovranno avere posizione nota. Appare evidente la necessità di fissare in modo coerente un sistema di riferimento verticale, che consenta non solo di individuare la quota di sviluppo della linea di riva, ma che permetta anche di correlare la medesima con il modello digitale del terreno (DTM), ricavato dalla restituzione. Se dal punto di vista planimetrico, con la definizione del datum orizzontale, cioè del piano cartografico, vi è una maggiore consapevolezza e una più diffusa conoscenza, lo stesso non può essere affermato per i sistemi di riferimento verticali. Tradizionalmente, per l’altimetria topografi e cartografi hanno utilizzato come superficie di riferimento, e quindi, come definizione di quota Zero, il livello medio mare (MSL). In particolare per l’Italia continentale è stato preso a riferimento il mareografo di Genova e le sue osservazioni effettuate dal 1937 al 1946, mentre per la Sardegna si è usato il mareografo di Cagliari, e di Catania per la Sicilia.

Fig. 3.8 – Schema generale di un mareografo a galleggiante meccanico; particolare di un mareografo Thomson con evidenziata la sua piastrina di riferimento. Livello medio mare, datum altimetrico nazionale e capisaldi di livellazione

Fig. 3.9 – La rete di livellazione e mareografica nazionale.

In riferimento ad un mareografo classico (Fig. 3.8), la quota rilevata dal galleggiante viene messa in relazione con la quota della piastrina mareografica della stazione (gaunge contact point), che a sua volta è riferita al punto d’emanazione altimetrico della stazione, cioè il caposaldo (tide gauge bench mark – TGBM), la differenza tra le due quote fornisce l’andamento in quota della marea. In realtà i dati che vengono forniti all’utenza riferiscono le quote dei livelli idrometrici al datum nazionale, quindi allo Zero IGM (Genova 1942, in continente). L’uso di un punto di emanazione locale, la piastrina, ed il caposaldo della stazione medesima, si rendono necessari per garantire l’operazione di stop della stazione medesima, ad esempio per operazioni di ritaratura periodica, mentre il caposaldo TGBM è materializzato da più punti di emanazione (almeno cinque) per consentirne il recupero/ripristino reciproco. 

Attualmente la Rete Mareografica Nazionale (RMN), gestita dall’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) è composta da 35 mareografi, a questi si devono aggiungere i mareografi di Genova e Brindisi gestiti dall’Istituto Idrografico della Marina, e ubicati all’interno delle rispettive strutture portuali. Per la misura del livello idrometrico, tutte le stazioni della rete presentano al loro interno un sensore a microonde con precisione millimetrica, installato in coppia con un secondo sensore di livello a galleggiante con funzione di back-up. Le misurazioni vengono registrate in un file di testo ASCII contenti per ogni stazione e per ogni passo temporale (10 minuti), la data di “presa dato”, ed il livello marino con una precisione al centimetro, rispetto allo Zero IGM. Questi possono essere considerati i dati grezzi, senza alcuna elaborazione, ma l’ISPRA mette a disposizione anche dati filtrati. In particolare è molto utilizzato il filtro di Bloomfield, un filtro passa basso a 119 pesi che consente di eliminare le componenti ad elevata frequenza del segnale (il moto ondoso). Ad esempio il livello medio giornaliero (L), centrato alle ore 12, è dato dalla seguente:

Per i valori dei pesi si rimanda alla letteratura specialistica. Il livello medio mensile è calcolato come media aritmetica dei livelli medi giornalieri, il livello medio annuale come media mensile, e così via. Nella fotogrammetria spesso ci interessano i valori puntuali, e più vicini, sia in termini temporali che spaziali, al rilievo fotogrammetrico. I dati che andranno considerati saranno quelli delle stazioni mareografiche più vicine, poi si potrà procedere ad utilizzare i modelli di propagazione della marea (Fig. 3.10) al fine di definire l’altezza della stessa nella nostra zona di interesse. Spesso la difficolta nel trattare analiticamente questi modelli, e le precisioni proprie del rilievo, fanno sì che basti delle semplici considerazioni di media tra i vari valori idrografici. La conoscenza della quota del livello del mare, rispetto al datum nazionale, ci consente di fissare in modo coerente la linea di sviluppo costiero. Ma spesso non sempre ciò è possibile, difatti per operare queste analisi dobbiamo conoscere la data e l’ora del volo di presa, dati disponibili solo per le levate più recenti, quindi, per tutte le altre si procede per semplice raffronto. Il Delta del Po risulta compreso tra le stazioni mareografiche di Ravenna e Venezia, e saranno i dati di queste a costituire la base per stimare il livello di marea insistente nell’area deltizia, mentre per le località calabresi ci si riferisce alla stazione di Crotone. 

Fig. 3.10 – L’onda di marea può essere rappresentata dalle curve caratteristiche di propagazione. Abbiamo le linee cotidali, con segno continuo, cioè il luogo dei punti in cui l’alta marea si verifica con il medesimo ritardo (intervallo lunitidale) rispetto al passaggio della Luna sul meridiano di Greenwich. Ogni linea cotidale viene contraddistinta da un numero che indica “l’ora di porto”, ovvero il ritardo di colmata. Le linee tratteggiate rappresentano i luoghi di egual escursione della marea. Le linee di propagazione si dipartono da uno o più punti, in cui la superficie del mare non risente dell’effetto della marea, detti punti anfidromici, ove confluiscono maree di opposte fasi. La loro esistenza è dovuta al combinato effetto tra la marea astronomica e la forza di Coriolis.