Tesi di Laurea
La fotogrammetria digitale multi-temporale d'archivio per l'analisi delle variazioni planimetriche costiere

La base dati.



In questa sede non sarà affrontata una pedissequa elencazione di tutti i dati, direttamente o indirettamente, utilizzati nel presente studio, ma si vuole portare all’attenzione del lettore alcune nozioni che saranno funzionali nei prossimi capitoli. In particolare ci interessano due dati caratteristici dei fotogrammi utilizzati: la scala media del fotogramma n_m, per la fotogrammetria analogica, e la dimensione del pixel al suolo GSD, per quella digitale. Come è facile intuire questi due fattori sono intimante legati e spesso si utilizza solo il secondo, dato che ad ogni modo, anche i fotogrammi su pellicola vengono scansionati e, quindi, digitalizzati. Oltre ai contenuti fotografici propri della fotogrammetria o non, altra importante fonte è costituita dalla cartografia storica, in particolare quella prodotta dall’IGM a cavallo tra l’800 e il ‘900, che può essere posta in relazione con gli altri dati. Si consideri il volo del 2003 su Le Castella, esso è composto da due fotogrammi in un'unica strisciata; si tratta di fotogrammi standard (23×23)cm e dai loro data strip è possibile ricavare la data e l’ora del volo, la quota di volo (espressa in feet, pari a 30,48cm), la matricola della camera utilizzata e la lunghezza focale (Fig. 3.15). La conoscenza della camera ci consente di utilizzare il suo certificato di calibrazione, sempre preferibile nel valutare il valore di c calibrato, se presente, invece del dato riportato nel data strip. Da questi dati ci possiamo determinare il valore della scala del fotogramma:

Questa rappresenta la scala nell’ipotesi di perfetta planarità degli oggetti ripresi, ma nel caso di un terreno ad orografia variabile ciò non è vero. Per stimare la quota media del terreno si è utilizzato il modello digitale di elevazione della zona ripresa, in questo modo, grazie a Surfer, si è calcolato un quota media sul livello mare pari a 57,15m, da cui deriva la scala media del fotogramma:

Nei cataloghi IGM non si troveranno certamente le scale dei fotogrammi così espresse, ma saranno opportunamente arrotondate (1:30.000, ad es.).

Fig. 3.15 – Fotogramma 43-72 (i primi due numeri indicano la strisciata, i secondi il fotogramma) ritraente Le Castella, si noti la tipica posizione delle marche fiduciali di casa Wild.

Il fotogramma ha subito un processo di scansione con una risoluzione di 2.500dpi, dato ricavato dalle proprietà del file immagine originale. Questo ci consente di definire la dimensione del pixel a terra:

Il valore appena trovato rappresenta un’ottima prestazione in termini di risoluzione, permessa anche dalla buona qualità del film fotografico. Non si potrà certamente affermare lo stesso per i voli più vecchi, si tenga inoltre in considerazione che quello appena trovato è il GSD del singolo fotogramma. I prodotti derivati, quali le ortofoto, offrono risoluzioni usualmente inferiori e, comunque, decise dal restitutore, questo per avere delle immagini che siano computazionalmente gestibili. Nelle tabelle seguenti si riportano i dati per tutti gli altri voli aereo-fotogrammetrici; per il calcolo del GSD, si è fatto riferimento alla scala dell’IGM se non è stato possibile determinare la scala media del fotogramma.

Qui affianco è riportata la configurazione dei vari voli, in particolare per Le Castella (Fig. 3.16), si noti che la numerazione dei singoli fotogrammi può seguire due logiche diverse: o indicare il numero di fotogrammi rimasti nel porta pellicole o, in alternativa, la progressione numerica dei fotogrammi via via prodotti. Mentre per il delta del Po abbiamo una base dati costituita da una serie di ortofoto mosaicate, quindi prodotti già finiti, la mosaicatura in questo caso non è fisica, ma una successiva elaborazione da parte del GIS utilizzato (ArcMap), grazie alla presenza delle informazione di georeferenziazione in un file a supporto dell’immagine.

Fig. 3.16 – I voli aereo-fotogrammetrici di Le Castella ed i rispettivi schemi di restituzione, con l’indicazione della direzione di volo del velivolo. Questa, in assenza di fotoindice o piano del volo, non può essere determinata in modo aprioristico, quindi sarà compito del restitutore fare dei tentativi in merito.

Fig. 3.17 – Confronto tra i diversi mosaici di ortofoto, si noti la differente risoluzione a terra, ed il conseguente diverso grado di dettaglio. Fattore che influenzerà la fotointerpretazione del restitutore, impattando sulla precisione delle entità estratte -(Faro Punta della Maistra)-.


CARTOGRAFIA STORICA, ASPETTI E CONSIDERAZIONI.



icopre sempre maggior interesse l’uso di carte dei tempi passati, sia nel semplice recupero digitale, sia nell’inserimento in studi di analisi temporale. Peraltro in un territorio come quello italiano, un tempo diviso in molti stati, ogni uno con il loro sistema cartografico. Per cui subito dopo l’unificazione, nel 1861, si erano accorpate in un’unica struttura, con sede a Torino, i tre uffici topografici italiani, ed era il primo embrione di quello che poi diventerà l’attuale I.G.M., che nasce ufficialmente a Firenze nel 1865, contemporaneamente alla nomina della città toscana a capitale d'Italia, città che ancor oggi è la sede dell'Istituto.

Successivamente con l’unificazione dell’Italia, si ebbe l’esigenza per lo Stato di dotarsi di una cartografia Nazionale unitaria, e il Governo di allora istituì nel 1872, con legge apposita, l’Istituto Topografico Militare. Questo istituto, rinominato Istituto Geografico Militare (I.G.M.) nel 1882, rilevò il territorio dello Stato, formando la nuova Carta Topografica d'Italia. I rilevamenti topografici per la realizzazione della "Carta d´Italia" iniziarono nel 1878: si trattava di un´opera così importante e lodevole che meritò la consapevole attenzione, non solo degli addetti ai lavori e delle categorie professionali coinvolte, ma anche delle più alte autorità del Regno. La realizzazione di questo grande progetto impegno l’I.G.M. per quasi trent’anni, il metodo misto grafico-numerico, con l’uso della tavoletta pretoriana (Fig. 3.18) costituiscono la base uniforme del lavoro che condusse al rilevamento generale del territorio dello Stato unitario e alla formazione della Carta Topografica d'Italia.

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La cartografia che fu prodotta prevedeva dei Fogli al 100.000 con un abbraccio di 30’ in longitudine e 15’ in latitudine, queste erano delle carte derivate da composizione successiva. Poi si avevano i Quadranti, carte al 50.000, direttamente rilevate per i tre quarti del territorio italiano (di allora), mentre le rimanenti levate sono state eseguite al 25.000, per le aree militari e le zone più densamente popolate. 

Fig. 3.19 – Quarto Quadrante del Foglio 245, comprendente il territorio di Le Castella, le coordinate presenti sono solo di tipo geografico, con punto di emanazione delle longitudini fissato a Roma Monte Mario (così come sarà il successivo sistema Gauss-Boaga).

Il datum utilizzato è l’ellissoide di Bessel orientato a Genova, mentre la proiezione cartografica utilizzata è la naturale policentrica di Sanson-Flamsteed5 (Fig. 3.20). La proiezione è ottenuta per inviluppo dell’ellissoide in un poliedro, composto da facce trapezoidali mistilinee; ogni carta al 100.000 viene ad essere proiettata sulla singola faccia, con proprio sistema di riferimento. Si tratta in particolare di una rappresentazione equivalente6, nella quale i paralleli sono dei segmenti di retta equidistanti, in ragione della proiezione, mentre i meridiani sono riportati in vera lunghezza, quindi sulla carta appaiono come delle curve sinusoidali. Ogni poliedro trapezoidale è tangente al centro con l’ellissoide, tale punto sarà l’origine del sistema di riferimento proprio per la carta ad esso collegata. Perciò ogni Foglio al 100.000 sarà caratterizzato dal suo sistema di riferimento, ciò è stato il principale motivo dell’abbandono di questo metodo proiettivo, dato che rendeva molto difficile la valutazione di distanze che comprendevano Fogli diversi.

Come si è già anticipato la proiezione di Sanson-Flamsteed prevede solo coordinate geografiche, quindi non abbiamo sistemi di coordinate piane ad esse collegate. Da un punto di vista analitico si tratta di una rappresentazione equivalente, ma per piccole aree potrebbe essere confusa con la rispettiva rappresentazione conforme. L’uso della cartografia storica va sempre ponderato, nelle analisi multitemporali, sia in funzione delle precisioni richieste, sia ai metodi di proiezione cartografica utilizzati. L’inserimento tra i dati primari di contenuti cartografici con sistemi di proiezione cartografica diversi, porta ad inevitabili errori di coregistrazione delle informazioni estratte. In particolari condizioni, se la qualità della carta, ed i punti d’appoggio cartografici (GCP) individuati, lo permettono, si possono affrontare operazioni di ri-proiezione del contenuto cartografico, tipica operazione che spesso si esegue nel recupero della cartografia storica, anche precedente.  

Fig. 3.20 – Rappresentazione sinusoidale di Semson-Flamsteed con indicazione delle elissi di Tissot, i cui semiassi rappresentano gli inversi dei moduli di deformazione lineare, massimo e minimo, nel punto.

Le rappresentazioni cartografiche.

Si possono avere le carte conformi, dove vengono conservati gli angoli, quindi la forma degli oggetti rappresentati; le carte equivalenti, ove a conservarsi sono le aree, e le carte equidistanti, anche se questo non può essere vero per tutti i punti rappresentati, quindi l’equidistanza è vera solo lungo particolari direttrici, ad esempio l’equatore o i meridiani di tangenza alla superficie di proiezione (sarebbe possibile una rappresentazione equivalente solo se la curvatura totale delle due superfici fosse identica). Ci sono anche le carte affilatiche dove tutte e tre le deformazioni sono presenti, ma nel loro valor minimo. In nautica ed in aereonautica si utilizzano le carte gnomoniche, ove i segmenti retti tracciati rappresentano archi di cerchio massimo, cioè direzioni/rotte ortodromiche, di minor percorso.