Tesi di Laurea
La fotogrammetria digitale multi-temporale d'archivio per l'analisi delle variazioni planimetriche costiere

I mosaici di ortofoto del Delta.



La nostra area di competenza è il Delta del Po, ma in realtà questi mosaici di ortofoto, che nascono da una collaborazione tra l’Università di Padova e la Regione Veneto, hanno un’area di abbraccio che comprende tutta la costa veneta. Per distinguerli dagli altri prodotti topografici sono stati identificati come i “prodotti di nuova costituzione”, le cui caratteristiche sono brevemente richiamate nella tabella seguente.

Il fine ultimo di questa analisi è comprendere se tutti i mosaici presentano le medesime caratteristiche prestazionali, si intende dal punto della loro precisione. Lo potremmo definire come un controllo, che dovrebbe essere la prassi per tutti quei dati di provenienza esterna, in modo da ottimizzare il loro utilizzo “critico” nella fase operativa. L’estensione del sistema deltizio ha richiesto la scelta di sessantuno punti di controllo che, per quattro mosaici, fanno più di 240 GCP d’appoggio complessivi. La loro disposizione deve essere la più uniforme possibile, cosa non sempre facile da ottenere date le caratteristiche peculiari di un ambiente deltizio, quindi scarsamente antropizzato. Dato che l’uso prodotti radiometrici è prevalentemente destinato al tracciamento delle linee di riva, e al loro confronto, si è preferito porre maggiore importanza alle zone prospicenti alle lagune interne e ai tratti di mare. Si deve inoltre porre attenzione alle caratteristiche di quelle che sono le immagini fotografiche orto-rettificate, difatti non abbiamo a che fare con ortofoto di precisione (True Orthophoto), per cui tutti quegli oggetti che si scostano dalla superficie fisica vi è un certo errore d’altezza. Quindi i punti d’appoggio devono essere scelti “a terra”, evitando, in questo modo, di introdurre variabili non controllabili e non confrontabili tra le diverse campagne di presa. 

Il programma utilizzato è ovviamente il GIS ArcMap; le quattro serie di GCP, una per ogni mosaico, andranno poste in quattro layers diversi, afferenti a quattro shapefile, ciò ne consente la separata gestione. Una volta collimati tutti i CPG si deve procedere all’estrazione delle loro coordinate piane cartografiche, il che può essere fatto in due modi diversi. Nel primo, di modo (Fig. 6.1), si esporta lo shapefile in un normale file vettoriale .dwg, che dovrà a sua volta essere convertito in .dxf, questo ci consente di utilizzare il programma free Dxf2xyz 2.0, che permette di estrarre le coordinate in un normale file di testo formattato (.xyz), importabile in Excel. Il secondo modo (Fig. 6.2) vede l’uso dei soli strumenti messi a disposizione da ArcMap, e questo a partire dalla versione 9.2. In questo studio è stato usato il primo metodo, il secondo viene riportato per completezza.

Fig. 6.1 - Estrazione delle coordinate piane dei punti di controllo GCP, metodo usato nel presente studio.

Fig. 6.2 - Estrazione delle coordinate piane dei punti di controllo GCP con l’uso delle sole metodologie messe a disposizione da ArcMap, si noti come la tecnica non convenzionale, vista in precedenza, sia nettamente più celere…

Una volta ricavate le coordinate, espresse nelle loro componenti piane, si può procedere al loro trattamento statistico. Esso si snoda attraverso il calcolo della media e dello scarto quadratico medio, a partire dai quattro valori a disposizione per ogni GCP. Una volta nota la media aritmetica di questi piccoli campioni di misura, ne possiamo determinare gli scarti, che saranno espressi in termini assoluti: solo in questo modo si possono operare dei confronti tra le diverse fonti del dato primario (Fig. 6.3). 

Fig. 6.3 – Schema logico-funzionale dell’analisi statistica.

Prendendo atto che il numero dei mosaici di ortofoto non ci consentono di operare delle analisi statistiche di ordine compiuto, ci dobbiamo limitare a dei semplici confronti diretti, accompagnati dall’osservazione critica data dalla visione diretta dei prodotti. Difatti già in sede di collimazione, si possono individuare quelle che sono le eventuali problematiche, ad esempio si potrebbe anticipare che la dimensione a terra del pixel (GSD) nel mosaico del 2000, lo pone in una condizione di svantaggio rispetto agli altri. Osservando lo schema logico-funzionale si denota che, come ogni analisi piana, si è costretti a trattare in modo separato i dati, in ragione alle due direzioni principali. L’unica possibilità di combinazione è di ricavare delle relazioni di natura pitagorica, cioè di distanza; ciò ha il pregio di darci una prima stima di confronto, ma ha lo svantaggio di farci perdere il segno, quindi nulla possiamo affermare su eventuali scostamenti relativi tra i piani immagine, cosa per altro non fattibile considerato il loro scarso numero1. Un primo parametro è quello che prende il nome di distanza dal valor medio D, esso può essere ricavato a partire dagli scarti nelle due direzioni: 

Per altro questi valori si prestano ad essere opportunamente diagrammati, allo stesso modo di quanto fatto nell’analisi dei residui, dandoci una prima rappresentazione qualitativa, ma anche quantitativa, della situazione (Fig. 6.4). Un modo per porre in relazione i mosaici fra loro può essere ricercato utilizzando un indice di attendibilità, in altri termini un parametro che rappresenti un comportamento statistico complessivo, che può esprimere una valenza di natura qualitativa, pur espresso per mezzo di una valore numerico, il più delle volte una percentuale. Ricavandoci per ogni serie campionaria (le quattro coordinate in una data direzione) il modulo dello scarto massimo; si può “contare” quanti dei 61 punti, sempre in una data direzione, di un dato mosaico, siano caratterizzati da scarto massimo, calcolato rispetto al valor medio. In questo modo l’indice di attendibilità fornisce la percentuale dei GCP, nelle due direzioni (E,N), che non presentano scarto massimo. Anche l’indice di attendibilità viene espresso in modo separato per la coordinata Est e per quella Nord, quindi, ancora una volta, per ricondurci ad un unico risultato, che possa riassumere a sé le determinazioni statistiche ricavate per le due direzioni, ci dobbiamo ricondurre alla canonica relazione quadratica di Pitagora. Se consideriamo il valor medio del modulo degli scarti, nelle due direzioni, ci possiamo ricondurre alla seguente relazione:

Fig. 6.4 – Grafici a barre delle “distanze dal valor medio”. [OriginLab 9.0]

Da una prima valutazione si nota una grande variabilità, ma con alcuni andamenti diversi, ad esempio risulta interessante osservare il comportamento particolarmente disomogeneo del mosaico del 2.007, il che potrebbe denotare una presenza di fattori ad azione locale, quali possono essere un non perfetto posizionamento di uno o più elementi del mosaico, oppure un processo di ortorettifica diversamente condotta. Nell’insieme delle quattro serie si ha un comportamento dicotomico, il che, sarebbe pure giustificabile visto il numero limitato delle stesse. Si può ragionevolmente affermare che il volo del 2007, per altro il primo ad essere eseguito con camera digitale (Leica ADS40), fornisca una prestazione diversa da quella che ci si attenderebbe, viste le caratteristiche ed i mezzi utilizzati. Diversamente il volo del 2000 è affetto da propri limiti, definiti tangibilmente dal GSD pari al doppio degli altri mosaici, che si traduce in una diversa capacità di collimazione da parte del restitutore. Le considerazioni fin qui addotte possono essere espresse anche in forma numerica, grazie al già introdotto indice di attendibilità e al valor medio del modulo degli scarti, e la loro relazione pitagorica [6.2]. 

Le considerazioni prima proposte sono ulteriormente confermate dai valori adotti dall’analisi. Se si confrontano le medie degli scarti con il GSD, si può notare che tutti i prodotti, tranne uno (2007), hanno una prestazione coerente con le dimensioni del pixel a terra. Il che ci spinge a fare una ulteriore considerazione, infatti per tutti i mosaici considerati abbiamo un profilo di risposta statistica confacente alle peculiari caratteristiche del mezzo analizzato, ciò non appare essere vero per il volo del 2007, che dovrebbe fornire, sulla carta, una prestazione simile al mosaico del 2012. Si potrebbe addurre che in un qualsiasi confronto diretto, si possono sempre individuare dei prodotti che sembrano fornire risposte prestazionali migliori di altri. Ancora una volta appare utile osservare con maggiore attenzione i diagrammi della Fig. 6.4; anche se con valori medi diversi, ciò che appare evidente è la non omogeneità del mosaico 2007, questo costituisce un chiaro segnale a suo sfavore, e che lo pone ad un livello inferiore nelle preferenze. Altra considerazione riguarda il volo del 2003, l’ultimo ripreso con camera analogica, e quindi a pieno titolo facente parte di quella che fu la fotogrammetria fino a pochi anni or sono, esso fornisce le prestazioni migliori. A conferma che la migliore tecnica fotogrammetrica analogica, nel suo ultimo periodo, sia ancora capace di fornire risultati del tutto comparabili alla fotogrammetria digitale. 
Nelle immagini che seguono vengono riprodotte le tabelle Excel: le celle colorate di arancio sono ottenute grazie alla funzione “formattazione condizionata” messa a disposizione dal programma, e rappresentano i valori campionari caratterizzati da scarto massimo.